Un'iniziativa che crea soltanto incertezza

Molti ticinesi conoscono il ritornello «Mola i can general Guisan gh’è scià i taglian». In questa rima è riassunto molto Ticino e il nostro sofferto rapporto con la frontiera. Un rapporto di amore e odio, passando dal periodo antifascista a quello del contrabbando, alla straordinaria crescita della piazza finanziaria per finire alla questione dei frontalieri. Poi però la maggior parte dei ticinesi continua ad andare in vacanza in Italia a testimonianza dell’apprezzamento per le numerose qualità del Bel Paese, molti ticinesi si dichiarano milanisti, interisti o juventini, molti ticinesi vanno oltre frontiera per la spesa e infine abbiamo molti amici italiani che nel frattempo sono diventati svizzeri. 

Il ritornello ci ricorda anche come il Ticino sia sempre stato orientato a Berna, in questo caso evocando l’intervento del famoso generale, per risolvere e contenere la pressione proveniente da sud.

Molti ticinesi scettici o contrari all’Accordo sulla libera circolazione che l’iniziativa in votazione propone di rescindere ripropongono questo atavico conflitto di regione di frontiera. Tuttavia sarebbe bene capire che la posta in gioco non sono i rapporti tra il Ticino e la Lombardia ma tra la Svizzera e l’Europa. 

Sono stati numerosi gli articoli che hanno sottolineato gli aspetti storici dell’accordo oppure gli aspetti economici, politici, giuridici e sociologici. 

Mi limito ad alcuni dati oggettivi. La Svizzera è un Paese che basa il proprio benessere sull’esportazione e il mercato europeo è quello principale. L’Europa invece potrebbe fare a meno della Svizzera e l’abolizione della libera circolazione comporta l’abolizione automatica degli accordi bilaterali più importanti. Chi afferma il contrario racconta favole.

Il già consigliere di Stato Pietro Martinelli («Corriere del Ticino» 19 settembre), noto per essersi sempre basato sulla matematica nei suoi ragionamenti, ricordava che negli anni Novanta, dopo l’affossamento dello Spazio economico europeo e prima che entrassero in funzione gli Accordi bilaterali, la disoccupazione in Svizzera raggiunse cifre estremamente importanti (il Ticino fu ai primi posti con il 9%!).

Inutile ricordare che il dopo-COVID, non ancora iniziato, porterà a una crisi economica che potrebbe essere drammatica. Non sembra davvero il caso di aggiungere ulteriori incertezze sostenendo un’iniziativa che non risolve nulla. Anzi l’unica certezza è che il Consiglio federale non avrebbe più nulla per aiutare il Ticino di fronte ai problemi che ci sono e ci saranno e che andranno affrontati con convinzione.

Oggi il Ticino a Berna non deve chiedere di liberare i cani lanciando l’ennesimo segnale di fumo, bensì proporre un mirato potenziamento delle misure di accompagnamento e maggior determinazione nel superare un accordo sui frontalieri manifestamente obsoleto. Per questi motivi confermo un convinto no all’iniziativa che propone di abolire l’Accordo sulla libera circolazione.

Presidente PLR, Corriere del Ticino, 24 settembre 2020