L'emergenza Coronavirus e l'umiltà della politica

L’arrivo del coronavirus ci ha colpiti duramente. Questo è dovuto in particolare al fatto che è riuscito a minacciare tre pilastri del nostro vivere quotidiano: la salute, le relazioni con le altre persone e il benessere economico. Fatico, in una situazione di pace, ad immaginare qualcosa che assomigli di più ad una (terribile) tempesta perfetta con un nemico che ci colpisce contemporaneamente su più fronti. In questo momento di comprensibile smarrimento ci si aspetta dalla politica delle risposte che però non sono semplici e devono essere contestualizzate per evitare di cadere in pericolose facilonerie da bar o, peggio, in semplici sparate che vanno a caccia del (facile) consenso popolare. 

In effetti, e penso sia importante ribadirlo, in questo momento sono i governi (federale e cantonali) ad avere, giustamente, l’iniziativa. Questo non per una mancanza di volontà dei legislativi di fare la propria parte, ma perché adesso è il momento di agire velocemente e soprattutto di farlo evitando le strumentalizzazioni politico-partitiche che renderebbero tutto molto più lento e inefficace. Il fatto di avere un sistema basato sulla concordanza, e non sulla contrapposizione tra maggioranza e opposizione, è in questo contesto un enorme vantaggio e una garanzia di equilibrio. 

Va orgogliosamente detto che in particolare la Confederazione è intervenuta in maniera importante e immediata a sostegno praticamente di tutti coloro che ne avevano bisogno, e questo non con le parole e i grandi annunci (che critichiamo in altri Stati e poi spesso facciamo nostri) ma con i fatti. Basti pensare al sistema di garanzia di liquidità alle imprese, al lavoro ridotto concesso senza burocrazia e alle indennità per perdita di guadagno estese enormemente. Tutto questo mettendo sul tavolo oltre 60 miliardi di franchi che, per capirci, equivalgono a circa l’80% del budget di un anno. E sicuramente non ci si fermerà qui. D’altra parte, e qui apro una parentesi, nonostante l’enorme sforzo che è pronto a fare l’ente pubblico, è chiaro che non sarà possibile entrare in una logica in cui tutti i costi (ad esempio dei mancati fatturati) verranno assunti dallo Stato, è semplicemente una promessa che non si potrebbe mantenere perché vorrebbe dire mettere sul tavolo decine di miliardi di franchi al mese (e non solo nella fase attuale).

Questo naturalmente non vuol dire che i Parlamenti non dovranno dire la loro, anzi è proprio vero il contrario: il loro ruolo sarà fondamentale, però quando il quadro sarà più chiaro, quando ci saranno le informazioni sul tavolo e quando soprattutto si potrà capire dove e come andranno indirizzate le risorse che non sono infinite. Partire però adesso a fare proposte a destra e a manca, come fanno anche taluni professori di economia, non solo non serve ma rischia da un lato di vendere illusioni e dall’altro di andare ad impiegare risorse in maniera inefficace.

In aggiunta bisogna essere prudenti nel partire lancia in resta con interventi cantonali e comunali: in questo momento sparare le cartucce di Cantone e Comuni senza avere ancora il quadro della situazione rischia di rendere gli interventi poco efficaci e non coordinati. Questo poi con il rischio di non avere più le risorse per quando dovremo intervenire in maniera mirata per rilanciare la nostra economia cantonale e aiutare la nostra popolazione.

Perciò penso che in momenti come questo si debba avere la sana umiltà di saper aspettare di avere nero su bianco le proposte dei governi che questa crisi stanno gestendo, bene nel limite di quanto si poteva fare, dall’inizio. Questo non per paura di assumere responsabilità o perché non si comprenda la situazione, ma proprio perché non possiamo permetterci di affrontare senza cognizione di causa un’emergenza sociale ed economica di proporzioni che mai si erano viste.

Alex Farinelli, Consigliere nazionale, Corriere del Ticino, 17 aprile 2020